sabato 23 giugno 2012

La terapia occupazionale e le strategie visive nelle disabilità intellettive e nei DGS



Lo scopo che ci poniamo, con qualsiasi bambino, è quello del raggiungimento della sua autonomia nelle varie aree del comportamento adattivo. Crescere significa anche in tutte le culture, maturare abilità che consentano al bambino di separarsi sia emotivamente, sia operativamente  dall’adulto ed essere partecipe attivo e responsabile del suo contesto di vita. Ciò vale anche nel caso del bambino disabile, il quale potrà maturare livelli di autonomia, dipendenti, da un lato dalle sue specifiche menomazioni e abilità, dall’altro dalla presenza nel suo contesto di facilitatori o barriere. Lo stesso ICF (il principale strumento di classificazione internazionale del funzionamento e della disabilità) sottolinea l’importanza dell’adattamento dell’ambiente come fattore essenziale per favorire lo sviluppo delle abilità e più in generale dell’autonomia. In questa idea, il ruolo delle strategie visive rappresentano a tutti gli effetti dei facilitatori in grado di favorire lo sviluppo dell’autonomia e con essa la partecipazione del soggetto.
È fondamentale, nell’utilizzo delle strategie visive, un lavoro mirato a casa, ed è altrettanto fondamentale che questo vada poi ad ampliarsi  a tutti i contesti in cui il bambino partecipa, compresa ovviamente la scuola. È necessario per comprende il significato delle strategie visive, fare una premessa di carattere metodologico a partire dal quale l’uso delle immagini assume significato.
Il terapista occupazionale, durante l’insegnamento delle varie fasi di un’attività, potrà offrire livelli di aiuto diversi (prompting) a seconda delle caratteristiche del bambino. Si è soliti distinguere, a riguardo, tra guida fisica, modelling, guide verbali e gestuali, tutte forme di aiuto classiche che prevedono, in maniera più o meno costante la presenza di un adulto, ponendosi sempre come obiettivo la riduzione graduale della propria guida (per esempio passaggio dalla guida fisica a quella verbale) fino alla sua scomparsa.
Gli interventi con strategie visive vanno ad inserirsi proprio in questo panorama di aiuto : come facilitazione all’apprendimento, e di aiuto pratico nella realtà di ogni giorno.
Già nei programmi tradizionali di insegnamento di abilità quotidiane è infatti presente l’uso di immagini che rappresentano prompt visivi. Questo, permette infatti il vantaggio  di non dipendere continuamente da colui che insegna, se non nella fase di familiarizzazione con lo strumento. In questo caso si parla anche di “auto-istruzione” sottolineando il potere di tali strumenti di dare istruzioni senza prevedere la presenza di una persona che “istruisce”all’infinito. In sostanza, l’aiuto visivo, inteso come autoistruzione prevede che il soggetto abbia a disposizione una sequenza di immagini (in verticale o in orizzontale) che lo guidino nelle varie fasi di esecuzione di un compito. Sia nel caso che il soggetto riesca dopo un po’ a interiorizzare la sequenza, sia che rimanga “dipendente” dall’aiuto visivo, in entrambi i casi sarà in grado di svolgere autonomamente un certo compito. È in fondo le stessa cosa che  capita a ciascuno di noi quando vogliamo preparare una torta secondo la ricetta della nonna : non abbiamo più  bisogno che la nonna ci faccia vedere come prepararla (modelling) o ci dica cosa dobbiamo fare (giuda verbale) ogni volta.
Un altro caso in cui gli aiuti visivi vengono previsti  sono  quelli per la “modificazione” di un certo oggetto che deve essere utilizzato nell’attività, per esempio l’aggiunta di un indicatore colorato sopra un miscelatore per facilitare la distinzione tra acqua calda e acqua fredda.
Oppure può essere difficile insegnare al bambino ad utilizzare il bagno per i propri bisogni; A volte il bambino non ha chiaro che il bagno è lo spazio della casa o della scuola che deve utilizzare, altre volte possono essere le caratteristiche fisiche del locale (il colore, la luminosità, gli odori) ad allontanare il bambino, altre ancora l’uso del gabinetto entra all’interno di complesse dinamiche relazionali che vanno affrontate anche con i genitori. Nel primo caso può essere utile contrassegnare con una foto o un disegno la porta del bagno e mostrare al bambino un’immagine identica prima di portarvelo a intervalli definiti. Può anche essere affiancata all’immagine del bagno quella di un rinforzo, un cibo, gioco o attività premio che il bambino  riceverà dopo aver usato il gabinetto. Nel caso in cui invece il bambino non abbia problemi ad entrare in bagno, può essere posto di fronte a lui uno schema visivo con la sequenza di immagini dell’attività.
Qualsiasi sequenza può essere costruita, su qualsiasi attività : vestirsi (con un aiuto limitato alle fasi di vestizione che richiedono abilità fino-motorie e di coordinazione occhio-mano più complesse come abbottonarsi, allacciarsi le scarpe), lavarsi i denti, prepararsi una merenda, attività connesse alla realtà scolastica come preparare lo zaino, oppure la visualizzazione dell’orario di lezione ed altro.
Le strategie visive possono essere messe a disposizione anche per le autonomie sociali come ad esempio la conoscenza del denaro o del concetto di tempo.
Non in ultimo, sono fondamentali per le abilità comunicative, stimolando il linguaggio, o permettendo comunque, in assenza di esso, una modalità comunicativa, o ancora possono funzionare anche nell’autonomia di lavoro, per nuovi apprendimenti ed esercizi cognitivi.
In questo articolo ci si è soffermati principalmente sulle autonomie personali, ma gli ausili visivi possono essere utili anche per altri tipi di autonomie, come per quelle sociali. Per approfondire meglio anche questo altro campo, sarà necessario un ulteriore articolo.

Dott.ssa Federica Tusoni
Terapista Occupazionale
Elicriso Psicologia e Riabilitazione

giovedì 7 giugno 2012

Il Vaginismo. La paura di amare e farsi amare.



Il vaginismo è un disturbo che impedisce alla donna di avere rapporti sessuali completi pur avendo una struttura anatomica senza problemi.
Il termine vaginismo fu coniato dal ginecologo americano Sims (1861); secondo la classificazione proposta dal DSM IV (Apa 2000), si intende “la ricorrente o persistente contrazione involontaria dei muscoli che circondano il terzo esterno della vagina quando si tenta la penetrazione vaginale con pene, dita, tamponi o speculum”. Questo non significa che la donna non abbia desiderio sessuale, ma ha difficoltà nei tentativi di penetrazione. Si parla di  vaginismo primario quando non c’è mai stata penetrazione, si parla di vaginismo secondario quando dopo un periodo di assenza di difficoltà, si inizia a manifestare il sintomo. 

Le Cause
Con l’affermarsi di nuove teorie psicopatologiche, sono emersi diversi punti di vista rispetto alle cause del Vaginismo. Ciò che accomuna le varie teorie è che il vaginismo si vede come un disturbo psicofisiologico, con elementi fobici risultanti da attuali o immaginarie esperienze negative con la sessualità/penetrazione e/o patologie organiche (Masters, Johnson, 1970). La paura e l’ansia rispetto alla penetrazione sono espresse in modo fisiologico attraverso lo spasmo involontario dei muscoli che caratterizza il vaginismo (Reissing et al., 1999).
La sessualità nel caso di vaginismo può essere associata a stimoli e pensieri negativi: una scarsa educazione sessuale, i tabù, un’ipervalutazione della verginità, le esperienze sessuali precoci negative o l’abuso, la paura del dolore, la violenza sessuale, una gravidanza indesiderata, o i rischi legati al concedersi ad un’altra persona, possono essere associati con la paura della penetrazione fino ad arrivare a strutturare una vera e propria fobia.

Il ruolo del Partner
L’esperienza clinica invita a soffermare l’attenzione sul ruolo del partner all’interno della coppia che presenta problemi di vaginismo. Da diversi studi (Simonelli et al., 2003; Graziottin 2003), si sono riscontrate alcune caratteristiche psicologiche ricorrenti nel partner della donna che presenta questo disturbo. L’uomo in genere, risulta essere poco interessato alla sessualità, non mette in discussione il sintomo della compagna attraverso richieste pressanti, e spesso è portatore egli stesso di una difficoltà sessuale (es. disturbo erettile, o eiaculazione precoce) che viene occultato dal vaginismo della donna.

Il trattamento
Durante l’anamnesi è molto importante inizialmente concentrare l’attenzione sulla durata e l’intensità del dolore; questa prima fase consente alle pazienti di esprimere il loro sentimento riguardo alla situazione che stanno vivendo, in una situazione protetta (setting) con una persona competente (sessuologo).
Molto spesso le donne affette da vaginismo ignorano la conoscenza anatomo-fisiologica dei genitali maschili e femminili e la fisiologia del rapporto sessuale ed è molto importante approfondire questo aspetto che apparentemente sembra di scarsa importanza.
Le tecniche comportamentali focalizzate ad una progressiva dilatazione vaginale, sono efficaci per aiutare la donna a sviluppare un controllo volontario dei muscoli della vagina, in modo da gestire consapevolmente lo spasmo che impedisce la penetrazione.
L’esplorazione dei genitali e la progressiva introduzione di un dito  e di un tampone interno, aiutano a fare esperienza della capacità della vagina di contenere senza dolore. Il coinvolgimento del partner avviene in un secondo momento. Il coito sarà l’obiettivo finale del trattamento. Durante il trattamento verranno approfonditi i problemi psicologici associati, quali senso di colpa, ansia del rapporto, sensazioni di inadeguatezza, e aspetti tecnici più specifici legati al rapporto sessuale stesso.
È molto importante far sottoporre la donna ad una visita ginecologica all’inizio dei colloqui perché aiuta ad escludere l’eventuale componente organica ed è importante per la donna verificare la sua adeguatezza fisica. In molti casi di vaginismo è presente l’illusione di poter risolvere da soli il disturbo in brevissimo tempo nonostante esso persista da molti mesi o da anni. Solo quando si abbandona questa convinzione e si prende coscienza che si ha bisogno di un aiuto qualificato è possibile guarire completamente dal vaginismo.

Dott. Michele Fois
Psicologo Psicoterapeuta
Consulente in sessuologia
Elicriso Psicologia e Riabilitazione