I bambini con disturbo specifico d’apprendimento, rispetto ai loro coetanei
senza particolari difficoltà, hanno un concetto di sé più negativo, provano più
ansia e hanno meno autostima, tendono a sentirsi meno responsabili del proprio
apprendimento e ad abbandonare il compito alle proprie difficoltà. In alcuni
casi questo dipende da una difficoltà nello sviluppare i processi di
autoregolazione, in particolare un sistema interno di auto-ricompensa, per cui
vi è da un lato la necessità da parte dell’operatore di introdurre rinforzi
forti, dall’altro la presenza di una scarsa resistenza alla frustrazione.
Cosa sono le autoattribuzioni?
Sono le spiegazioni che una persona si dà per i propri risultati e si
possono distinguere in interne (es. mi sono impegnato) o esterne (il compito
era difficile), stabili (sono bravo) o instabili nel tempo (sono stato
sfortunato), controllabili da sé (non mi sono impegnato anche se avrei potuto)
o non controllabili (la maestra mi ha chiesto una cosa che non sapevo).
Le autoattribuzioni nei bambini con DSA potrebbero risultare
problematiche, interferendo nel processo di apprendimento.
Gli stili attributivi
I bambini imparano fin da piccoli a darsi delle spiegazioni rispetto
ai propri successi e insuccessi sviluppando col tempo una modalità tipica di
reagire di fronte ad un risultato positivo o ad un insuccesso che viene
definito “stile attributivo” che non è altro che il proprio modo di spiegare
perché si riesce oppure no. Interessanti appaiono le caratteristiche di due
stili in particolare: lo stile impotente e lo stile pedina.
Lo stile impotente
E’ quello di chi ritiene di “non essere portato” oppure di non possedere
sufficienti capacità: di solito questo stile si sviluppa in seguito a ripetuti
insuccessi attribuiti alla mancanza stabile di abilità. Bambini con questo
stile tenderanno a cercare conferme alla loro idea di “non essere bravo”
associata ad uno scarso impegno nella convinzione di non poter riuscire. Questo
ritiro dall’impegno porterà ad ottenere realmente degli insuccessi che
confermeranno l’attribuzione di mancanza di abilità. Nel caso si verifichi un
successo questo verrà attribuito a cause esterne per cui non porterà ad un
miglioramento dell’autostima, né servirà a scalfire la convinzione di “non
essere portato”.
Cosa si può fare?
Con i bambini che presentano questo tipo di stile attributivo sarà
importante modificare la convinzione di non potercela fare e ciò potrà avvenire
facendo loro sperimentare dei successi e portandoli al tempo stesso a
riconoscere quale causa degli stessi l’impegno strategico.
Lo stile pedina
Questo stile si sviluppa da un pensiero di tipo fatalista o magico
secondo cui le cose vanno come devono andare, indipendente da quello che si fa
e con quale impegno. Questo stile porta al poco impegno e di conseguenza
all’insuccesso. Il bambino che ragiona secondo questa modalità non trae
vantaggio né dai successi, che non rafforzeranno l’autostima, né dai
fallimenti, che non insegneranno nulla circa le possibilità di migliorare in
quanto non attribuiti a sé. Questo stile può portare alla demotivazione e al
disinteresse, perché nulla viene visto sotto il proprio controllo.
Cosa si può fare?
A questi bambini andrebbero presentati dei compiti, ad esempio delle
attività di studio, e la possibilità di affrontarli con le opportune strategie
o senza. I bambini dovrebbero riconoscere l’importanza delle strategie, per gli
effettivi risultati e per il senso di soddisfazione che possono provare.
Dott.ssa Suhail Zonza
Psicologa Psicoterapeuta